«Alla fine è sempre colpa mia»: il vittimismo

1) "Non ce la faccio, non ce la posso fare, non ci riuscirò mai"
Tra i tanti modi attraverso i quali si tende verso la morte come fine il vittimismo è di certo una degli atteggiamenti più comuni e più interessanti da osservare e analizzare. Il vittimismo, infatti, è una forma molto celata e subdola di distruttività e di autodistruttività. La sua origine sta nella sensazione di debolezza e d'insicurezza, poiché nasce dalla percezionde della propria incapacità e inadeguatezza di fronte ai più comuni obiettivi della vita umana. Nella prima infanzia si mette in mostra la propria naturale fragilità per ottenere considerazione e affetto. Il vittimismo protrae quest'atteggiamento fino all'età adulta.

2) La costruzione del nemico
Il vittimismo si attiva quando l'io non cosciente sente franare la sua identità al punto da aver bisogno di individuare -o addirittura costruire- fuori di sé un'entità su cui proiettare frustrazioni e ansie proprie. C'è infatti una serie di esperienze che l’individuo sperimenta ma che non ritiene "accettabili". Tutto ciò nel vittimismo viene vissuto come "esterno". Non avendo nulla a che vedere con queste esperienze -salvo il fatto di trovarsi a subirle- l'io si costruisce vittima del totalmente altro da sè. Il nemico impersona quest'entità "altra" subita.

3) Io non consapevole -> altro colpevole
Il vittimismo mette in atto un meccanismo di difesa: l'individuazione del nemico permette al sé di attuare una forma di riscatto personale. Avere un nemico causante il proprio disagio, infatti, mette in luce la propria importanza e il proprio valore. Il vittimismo, dunque, si instaura nel circolo vizioso tra il proprio senso di inadeguatezza, il senso di colpa che da esso deriva e l'esternizzazione di esso nell'individuazione del nemico, entità "altra" creduta causatrice del proprio disagio. Incolpare gli altri delle proprie sventure è un escamotage per nascondere a se stessi il senso di colpa che si prova per non sentirsi in grado di aderire a quell'idea di sé troppo perfetta per poter essere vissuta. Grazie all'individuazione del nemico come detentore della colpa e causatore della sofferenza, il vittimista crede di potersi liberare della colpa di non riuscire ad attendere al valore che si attribuisce. Il vittimista crea i suoi carnefici trasformando il mondo come vuole lui, ma non può evitare di subirne le conseguenze.

4) La negazione del dolore
Come attraverso l'esternalizzazione sull'altro da sé avviene la negazione del totalmente altro da sé, così attraverso il vittimismo avviene la negazione del conflitto interiore. Nel processo di vittimizzazione, infatti, dolore, fatica e tensione interiore non sono considerati eventi naturali, ma sono piuttosto rifiutati ed evitati perché troppo coinvolgenti e pervasivi. Il vittimismo è un atteggiamento negativo, nel senso che è volto alla negazione del senso evolutivo ed esistenziale del dolore.

5) Il vittimismo come dinamica relazionale
Il vittimismo non è mai un atteggiamento isolato ma piuttosto una dinamica che riguarda più persone che si relazionano tra di loro in modo vittimista. L'atteggiamento vittimista di colui che, nel gruppo, si sente il più debole può infatti innescare il senso di colpa di chi lo subisce e, contemporaneamente, stimolare in lui la tendenza a sentirsi a sua volta vittima dell'altro. Il vittimismo è tipico ad esempio di alcune dinamiche familiari e si trasmette da uomo a uomo come un virus. Essendo un atteggiamento inconscio di vivere le relazioni e di affrontare la realtà, è necessario saperne riconoscerne le modalità di manifestazione per poterlo-eventualmente- disinnescare.

6) Il vittimismo è un'appropriazione indebita del proprio valore
Il vittimismo si innesca quando la persona sente di non poter sostenere il confronto in modo paritario. Proclamandosi vittima si riprende tutto quel valore che il fatto di non riuscire a stringere relazioni costruttive toglie. Si tratta però di una riappropriazione indebita poiché il potere esercitato tramite il vittimismo è rubato dalla propria disistima alla considerazione di sé. In tutti i casi il vittimismo non paga e va superato: non si può stare nella vita adulta con i meccanismi di quella infantile.

7) Dal nemico all'alleato
Fino ad un certo punto, però, il vittimismo è un atteggiamento positivo: individuare il nemico, infatti, ci costringe a confrontarci con lui e le modalità messe in campo a questo scopo ci spingono al cambiamento per trasformare il nemico in alleato. Questo comporta il riconoscimento in sé di parti inconsce spiacevoli o in conflitto con l’io cosciente e, con esse, l’accettazione del conflitto come dimensione connaturata all'identità umana.

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