Firmate la petizione: Aboliamo l'uso dei diserbanti!

Alla fine di agosto del 2012 il Professor Fabio Taffetani, ordinario di Botanica sistematica presso l'Università Politecnica delle Marche lancia un'importante iniziativa volta a vietare l'uso dei diserbanti chimici in tutti i casi in cui non sia strettamente necessario. Questo è il messaggio inoltratomi via mail dal professor Taffetani:

Aboliamo l'uso dei diserbanti! E' una questione molto importante di cui mi occupo da tempo e per la quale non vedo altra soluzione, visti i continui abusi e la mancanza assoluta di interventi. Insieme possiamo fare la differenza! Se la firmerete e poi la condividerete con i vostri amici e contatti, riusciremo presto a ottenere il nostro obiettivo iniziale di 100 firme e potremo cominciare a fare pressione per ottenere il risultato che vogliamo. Clicca qui per saperne di più e per firmare: Campagne come questa partono sempre in piccolo, ma crescono se persone come noi si attivano: ti prego di prenderti un momento per dare una mano firmando e spargendo al voce proprio ora. Grazie mille, Fabio Taffetani

Molti sono stati i commenti a quest'iniziativa inviati da alcuni intestatari della mailing list; anch'io, che conduco una microscopica battaglia contro l'uso/abuso di sostanze chimiche in agricoltura ho voluto lanciare la mia piccola provocazione che ha scaturito una reazione da parte -l'ho saputo poi- del consulente della Provincia di Ancona per l’applicazione della tecnica del diserbo chimico lungo le strade. Di seguito riporterò la mia lettera e la reazione che ha suscitato + la mia replica.

Gentile Fabio Taffetani,
gentili tutti coloro a cui il Professor Taffetani ha originariamente inviato questa mail e che ora sono coinvolti in questa interessante discussione, mi sento anch'io di esprimere una considerazione per giustificare il motivo per cui ho firmato la petizione e mi sono impegnata e mi sto impegnando a condividerla e a diffonderla. Dalla nascita vivo in zone agricole del sud delle Marche, quindi la terra è per me "madre", nel senso che sento e partecipo con i miei conterranei un rapporto "carnale" con la terra come generatrice di vita. Fin dall'adolescenza sento parlare del glyfosate, diserbante usatissimo dagli agricoltori anche nel loro orticello perché, a detta loro, del tutto innocuo per la saluta umana, nonostante l'effetto disseccante avente sulle piante "indesiderate". Un agricoltore cinquantenne mi racconta che, all'esame del patentino per ottenere l'autorizzazione ad acquistare e utilizzare i prodotti necessari per i trattamenti agricoli (sostenuto ormai qualche anno fa) gli hanno insegnato che il glyfosate non è nocivo né tossico per il terreno e le persone che di quello e in quello vivono e non solo, ha addirittura un effetto fertilizzante e arricchente per la terra che, una volta giovatasi della sua funzione disseccante, lo riceverà decomposto. Ecco, questa nozione, molto diffusa tra i piccoli agricoltori di cultura media è palesemente falsa e aggira la verità attraverso un sovvertimento, tramite una menzogna. Sulla base di queste nozioni, tuttavia, molti agricoltori che conosco diserbano il terreno su cui impianteranno il loro orto in primavera. Non credo quindi si possa dire che gli agricoltori (o almeno la maggior parte di essi) siano degli avvelenatori sistematici della terra di cui si prendono cura o che hanno in carico, credo invece che siano male informati, questa cattiva informazione ha creato una comune credenza -erronea- che va a favore di altri. L'avvelenamento costante e sistematico della nostra terra "madre" raggiunge il limite del tollerabile quando non sono più solo i privati cittadini (raggirati) a praticarlo ma le istituzioni stesse, consentendo il diserbo del suolo pubblico (il nostro suolo pubblico). L'atto del diserbo degli argini stradali e ferroviari che da qualche anno si ripete ogni primavera (dove vivo ora strada e ferrovia sono contigue, quindi l'effetto è doppio) è supererogatorio, nel senso che il fine di tenere questi "puliti" non giustifica in nessun modo l'uso del diserbante, ovvero di un prodotto chimico tossico. Nemmeno il movente economico, se c'è, può giustificarlo. Difronte all'avvelenamento della nostra terra madre per futili motivi non si può non protestare, non si può non fare petizioni, non si può non dire NO. Tra gli autorevoli pareri tecnici permettetemi una piccola riflessione di carattere generale: Antoine Lavoisier scriveva: "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma". Ebbene, l'uso di questo prodotto chimico rientra nel concetto di "lotta", di "eliminazione". Il diserbante non elimina un parassita ma un essere vegetale che, rispetto alla coltura desiderata è detto "commensale". Nel caso degli argini stradali il diserbo è fine a se stesso, è pura eliminazione di vegetazione indesiderata. Questa perdita, quest'eliminazione vitale tramite mezzi chimici non è innocua o benefica come è stato fatto credere al mio amico agricoltore. Il diserbante che entra nella terra, infatti, trasforma il territorio più facilmente e profondamente di ogni mezzo meccanico. Il diserbante penetra la terra, raggiunge le falde acquifere, evapora e entra a far parte della pioggia, ci bagna, irriga i nostri campi, entra a far parte dei nostri cibi, dell'aria che respiriamo e finisce per far parte di noi. Il diserbante entra nel nostro sangue, nella nostra carne e, contemporaneamente, trasforma il nostro sangue e la nostra sangue. Quali sono le conseguenze? Se nessuna può essere provata affidiamoci all'intuito, cosa ci suggerisce? Io non credo che la questione avanzata dal Professor Taffetani sia animata da un desiderio nostalgico di ritorno al passato dell'era pre-industriale in cui, come è stato fatto notare, l'aspettativa di vita media era minore rispetto a oggi, non credo nemmeno che chi ha firmato la petizione si crogioli nel sogno idilliaco di un mondo incontaminato dove, come nel film "Il pianeta verde" (http://www.youtube.com/watch?v=dDxiITA204s), gli uomini vivono coricandosi in mezzo a ciuffi di morbida erba durante una vita lunga 200 e più anni. Credo invece che bisogna ripartire dall'adesso per ripensare radicalmente il nostro modo di vivere, di gestire la terra "madre" a noi affidata e di nutrirci di essa; credo che questo vada fatto anche alla luce dalle grandi catastrofi personali di cui parla la Dottoressa Gentilini, e di cui ognuno si noi ha quotidiana esperienza. Una domanda infatti, si impone: la lotta chimica che conduciamo contro i frutti spontanei della terra avrà qualcosa a che fare con la lotta che, a un certo punto della nostra vita, una parte del nostro corpo rivolge contro se stesso, contro la sua matrice? Il cancro, il male del nostro secolo, ha cioè qualcosa a che fare con il modo in cui noi ci rivolgiamo alla terra, la nostra matrice? Ciò che rende il cancro la malattia più grave e irreversibile di questa epoca è il fatto che le sue cause sono oscure, è il fatto di essere perlopù incomprensibile e inspiegabile. E' assurdo che alcune cellule del nostro organismo impazziscano per infine sopprimere l'organismo tutto. C'è allora un parallelismo tra quest'assurdità e l'assurdità con cui gestiamo le nostre cose, con l'assurdità di bruciare chimicamente la vegetazione per tenere "puliti" gli argini stradali? E' assolutamente efficace l'immagine della dottoressa Gentilini, che paragona il glyfosate ad un chemioterapico che stiamo somministrando alla Terra facendole cadere i capelli (l' erba). La chemioterapia uccide quelle cellule "indesiderate" che uccidono la nostra vita, noi bruciamo l'erba indesiderata che disturba i nostri (futili) scopi. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma e i conti tornano sempre. Il diserbante è carne e sangue, la nostra. Clicca qui per saperne di più e per firmare: https://www.facebook.com/Noaidserbanti
Saluti cordiali,
Sabina


Gentile Sabina Gemignani,
io sono R.... S...., il "collega agronomo" che ha osato esprimere parere contrario all'iniziativa del prof. Taffetani. Devo dire che sono stato molto incerto sull'opportunità di rispondere al suo messaggio, perché ritengo che in un qualunque settore della vita umana chi esprime la propria opinione con la forza in cui sta facendo lei, con concetti del tutto equiparabili a quelli espressi nei sistemi religiosi, e in quanto tali pienamente rispettabili, è poco disponibile ad ascoltare chi non la pensa allo stesso modo. Alla fine, però, ho deciso di fare alcune considerazioni, che sto inviando solo a lei, perché è solo lei che ha sviluppato in questo modo l'argomento. Vorrei farle sommessamente notare che quando si parla di agricoltura, e quindi di terra che viene utilizzata per fornire prodotti indispensabili per l'umanità, si fa riferimento a zone che nulla hanno più a vedere con l'ambiente naturale. Da quando l'uomo ha scoperto circa 10.000 anni fa che poteva "domesticare" alcune piante che erano presenti solo in alcune zone del mondo, ma che con l'attività agricola potevano essere diffuse anche in altre zone, ha modificato l'ambiente per rendere possibile la vita produttiva alle piante coltivate; però ha scoperto subito che se non venivano messe in condizioni preferenziali non sarebbero state in grado di svolgere la propria funzione. Da ciò l'applicazione delle tecniche colturali tutte volte a ridurre il più possibile la competizione con le piante spontanee, o "commensali" come preferisce chiamarle lei. Non è mai esistita, non esiste e non esisterà mai un'agricoltura che non abbia questo tra gli obiettivi prioritari, perché nessuna pianta coltivata sarebbe in grado di produrre adeguatamente. Se qualcuno le ha parlato di agricoltura naturale le ha mentito sapendo di mentire. Anche i Maya, che non conoscevano l'aratro e la zappa, controllavano le erbe spontanee estirpandole a mano, quindi uccidendole. Anche l'agricoltura sinergica, di cui si parla spesso ultimamente, controlla le erbe spontanee estirpandole a mano, quindi uccidendole. Il diserbo chimico, utilizzando sia molecole di sintesi sia molecole esistenti in natura, non ha fatto altro che sostituirsi alle onerose, e spesso poco efficaci, operazioni di controllo manuale e meccanico delle erbe infestanti. Se è vero che in certi momenti sono stati utilizzati principi attivi "pericolosi", soprattutto quando vengono messi a disposizione di agricoltori che non dispongono di una preparazione specifica, come presumo il suo amico, fare di "ogni erba un fascio" non è certamente il modo migliore di affrontare un argomento. Io non so quali siano le sue competenze specifiche, ma in una qualunque discussione tutte le opinioni possono essere utili, a patto che non si ritenga di essere l'unico apportatore della "verità", anche a prescindere dalle conoscenze. Non entro nel merito delle sue affermazioni, perché so per certo che non c'è niente che io possa dire per convincerla che almeno una parte delle sue convinzioni non hanno nessun fondamento. Concludo facendo riferimento, invece, a quella che lei giudica un'interessante immagine proposta dalla Dott.ssa Gentilini (le confido che a me invece ha fatto venire i brividi freddi). Se calzasse il paragone fra glyphosate e chemio terapico vuole forse dire che si considerano questi prodotti ugualmente dannosi e che quindi non deve essere data nessuna speranza di vita a chi ha un tumore? Vuole forse dire che in futuro la terra dovrà essere riservata solo ai pochi eletti del pianeta verde?
Cordiali saluti
R. S.


Gentile R. S.,
la ringrazio molto di aver ceduto alle sue esitazioni e di avermi inviato questa replica che mi fornisce ulteriori spunti di riflessione sulla questione. La sua prima valutazione è però errata. Io non ho espresso un mio dogma, ho lanciato una provocazione. I dogmi come quelli religiosi, infatti, non solo appannaggio di una sola persona ma di un'intera comunità, altrimenti non sono tali. La mia opinione, espressa con forza e convinzione provocatorie è solo un punto di vista. Se poi questa mia dovesse dar voce al parere anche di qualcun altro, questo punto di vista è minoritario rispetto alla maggioranza, vista planetaria diffusione attuale della pratica del diserbo. Forse non è minoritaria rispetto agli intestatari di questa conversazione, ma lo è rispetto al panorama generale. Esprimere un parere con forza non significa, a mio parere, voler imporre il proprio punto di vista. La partita della dialettica, infatti, si gioca sull'arte della convinzione, sulla ricerca del miglior argomento e sulla capacità di esporlo nel miglior modo possibile. E' una partita avvincente e interessante e va giocata sempre alla pari rispettando le regole del gioco. A parte questi cenni di retorica, quanto scrive mi fa capire che alcuni passaggi del mio discorso sono "grossolani", altri sono stati fraintesi. Come ha ben intuito non sono particolarmente competente nel suo settore, esprimo un parere intuitivo che si basa su quello che vedo, sento e respiro. La ringrazio di avermi spiegato come funziona l'agricoltura, mi dispiace invece che non sia entrato nel merito dei miei argomenti (almeno dei meno grossolani) poiché mi avrebbe dato ulteriori proficui spunti di riflessioni. Mi permetta di raccontarle che durante la mia vita mi è capitato più volte di estirpare delle erbe "commensali" a mano sotto il sole cocente per qualche ora consecutiva. So dunque quanto lavoro sia risparmiato agli agricoltori facendo svolgere questo ruolo ad agenti chimici. Ciò che mi ha mosso ad abbracciare la petizione del Prof. Taffetani (che come Lei non conosco, tranne che per questo suo interessamento alla questione) è la pratica del diserbo degli argini stradali e ferroviari. In breve se l'agricoltura contemporanea non può rinunciare al diserbo chimico per gli innumerevoli motivi a cui Lei fa cenno, per me questa pratica recente del diserbo degli argini stradali e ferroviari sarebbe in tutti i casi da evitare. Questo è il mio punto di vista, non il mio dogma, sono pronta a discutere su questo. Anche a me l'immagine proposta dalla Dott.ssa Gentilini ha fatto venire i brividi freddi. Capita infatti, che quando si parla della morte senza mezzi termini vengano i brividi, per questo in genere si evita di farlo. Citando quest'immagine ho messo da parte i miei sentimenti sulla morte. Forse, chi con la morte fa i conti tutti i giorni in un reparto oncologico di un ospedale ha, a differenza di noi, perso queste finezze sentimentali. Quanto al paragone fra glyphosate e chemio terapico la questione è per me cruciale e effettivamente l'ho accennata ma non esposta. Dico solo che non credo nella chemioterapia come soluzione del tumore. Dico che per me la speranza di vita non è quasi mai da riporre in quelle terapie. Anche questa è solo la mia opinione. Concludo osservando che, se la terra rimarrà abitata solo dai pochi eletti del pianeta verde non lo so dire, forse saranno solo i più robusti, quelli che riusciranno, grazie all'acume e ad una struttura fisica solida a sopravvivere ad una epidemia globale. Anche in questo caso l'esigenza di diserbare per sfamaci in tanti non ci sarà più.
Cordialmente,
Sabina Geminiani

Commenti

Post popolari in questo blog

"Non possiamo pretendere di risolvere i problemi pensando allo stesso modo di quando li abbiamo creati" A. E.

Preoccupazione e meraviglia